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una serie di noiosi recitativi intramezzati da "ariette" che
sembrano avere l'unica funzione di consentire ai Cantanti di
esibire le proprie doti vocali e di creare una specie di divismo
sfrenato, portano a delle polemiche.
A Venezia l'esponente assoluto in questo senso appare proprio
Benedetto Marcello che nel suo Il teatro alla moda, edito nel
1720, condanna aspramente il mondo teatrale dell'epoca, in cui i
compositori rendono schiavi i librettisti e sono a loro volta resi
schiavi dai capricci dei "virtuosi", cioè i cantanti, e dalle
prime donne, protagoniste capricciose dei numerosissimi spettacoli
melodrammatici.
Benedetto Marcello con molta arguzia critica l'eterogeneo mondo
dell'opera musicale al completeto, volgendo le sue inappuntabili
invettive contro i poeti, i compositori, i musici, i cantanti, gli
impresari,
i suonatori, gli ingegneri e i pittori
di
scene, i ballerini, i sarti, i paggi, le comparse, i suggeritori, i
copisti, le maschere alla porta, i dispensatori di biglietti, le
madri e i protettori delle cantanti, i solfeggiatori, i fabbri, gli
affittascagni, i conduttori del botteghino, insomma tutti quei
personaggi che concorrono alla vita teatrale e alla realizzazione di
un melodramma.
Gustosissime sono le parole rivolte da Marcello ai poeti: "In primo
luogo non dovrà il Poeta moderno aver letti, ne legger mai gli
Autori antichi Latini o Greci. Imperciocché nemmeno gli antichi
Greci o Latini hanno mai letti i moderni. [. . .] Dirà bensì di
aver corsi gli studi tutti di Matematica, di Pittura, di Chimica, di
Medicina, di Legge, etc. protestando che finalmente il Genio l'ha
condotto con violenza alla Poesia, non intendendo però il vario modo
di ben accentare, rimare etc. etc., non li Termini Poetici, non le
Favole, non l'Istorie, ma introducendo anzi nell'Opere sue per lo
più qualche termine delle Scienze sopracennate, o d'altre, che non
abbiano punto che fare con la poetica Istruzione.
Chiamerà pertanto Dante, Petrarca, Ariosto, etc. Poeti oscuri, aspri
e tediosi, e per conseguenza nulla o poco imitabili."
Ai compositori di musica invece dice:
"Non dovrà il moderno Compositore di musica possedere |
notizia veruna delle Regole di ben comporre,
toltone qualche principio universale di pratica.
Non comprenderà le Musicali numeriche Proporzioni,
non l'ottimo effetto de' Movimenti contrari, non la
mala Relazione de' Tritoni e d'Essachordi maggiori.
Non saprà quali e quanti siano li Modi ovvero Tuoni,
non come divisibili, non le proprietà de' medesimi.
(. . .) Non distinguerà punto l'uno dall'altro li
tre generi, Diatonico, Chromatico, ed Enarmonico,
ma bensì confon-derà tutte le Chorde di essi in una
sola Canzonetta a capriccio per separarsi affatto
dagli Autori antichi con tale confusione moderna.
( . . . ) A tal effetto pertanto saprà poco leggere,
manco scrivere, e per conseguenza non intenderà la
lingua latina (. . .)".
Quanto ai cantanti e alle cantanti:
"Non dovrà il virtuoso moderno aver Solfeggiato,
né mai solfeggiare per non cader nel pericolo di
fermar la voce, d'intonar giusto, d'andar a tempo,
etc., essendo tali cose fuori affatto dal moderno
costume. ( . . . ) Non leggerà però mai il libretto
dell'opera, imperciocché la virtuosa moderna non
deve interderlo punto e nel scioglimento all'ultima
scena sarà ben fatto che non badi molto, si metta a
ridere etc."
E all'impresario:
"Non dovrà l'Impresario moderno possedere notizia
veruna delle cose appartenenti al Teatro, non intendendosi punto di Musica, di Poesia, di Pittura etc.
Fermerà, per broglio d'amici. Ingegneri di scene,
maestri di musica, Ballerini, Sarti, Comparse etc.,
avvertendo di usar tutta l'economia in queste persone per poter pagare bene i Musici e particolarmente le Donne, l'Orso, la Tigre, le Saette, i Lampi,
i Terremoti, etc."
E ai suonatori:
"Dovrà il Virtuoso di Violino in primo luogo far
ben la Barba, tagliar Calli, pettinar Perucche e
compor di Musica. Avrà imparato da principio a suonar da Ballo su i Numeri, non andando mai a tempo,
né avrà buona Arca- |
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