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to giovani, originari
veneti", presso la Cappella Ducale per la loro istruzione nei
principi del canto.
Tale documento
comprova l'esistenza di un coro mante-nuto dalla Procuratoria di San
Marco, al fine di favorire l'istruzione dei veneziani in quest'arte.
Parimenti si andava evolvendo anche l'arte organaria, e i primi nomi
certi tra gli organisti presenti a Venezia sono quelli di Francesco
da Pesaro (assunto nel 1336) e di Giandomenico Battolo (assunto nel
1369).
Accanto alla
musica sacra, privilegiata presso la Basilica, era attiva anche
l'arte musicale amena: le serate e i ritrovi notturni erano
frequentati abbondantemente e i poeti dell'epoca, tra cui
Leonardo Giustiniani, non trascuravano di scrivere i testi per le
musiche da realizzare durante questi incontri ricreativi e leggeri,
solitamente accompagnate dal liuto, da vari strumenti a corda e a
fiato.
Fu il
Cinquecento in realtà il secolo in cui la musica a Venezia ebbe una
espansione e un'importanza storica di enorme rilievo all'interno
della storia della musica. La Serenissima, con la sua vastissima
ampiezza territoriale e con la sua fittissima e ricchissima rete
commerciale, promosse la magnificenza delle arti: la pittura,
l'architettura e la musica si intensificano a dismisura. La stessa
propagazione della musica si avvale di un avvenimento che ebbe luogo
a Venezia nel 1501, e ciè la prima stampa musicale per opera di
Ottaviano Petrucci.
Ciò che prima veniva tramandato oralmente, o
scritto a mano su carta notata, d'ora in poi può essere diffuso
agevolmente in tutti i luoghi possibili. Il libro a stampa migliora
la tradizione e la conservazione del repertorio, seleziona, unifica
le opere in esso contenute e fa così conoscere ad un più vasto
pubblico gli autori di tali musiche, al fine anche di esercitare un
miglioramento didattico istruttivo. L'uso di queste stampe (l'arte
della stampa musicale si dirama poi anche nelle altre città)
consente di attirare in città una schiera di musicisti ansiosi di
sentire rappresentate le proprie opere. Ma i primi musicisti di
"scuola veneziana" non sono veneziani, bensì generalmente stranieri.
Giungono spesso dalle Fiandre (territorio attualmente compreso nei
Paesi Bassi), zone che tra Quattrocento e Cinquecento conobbe
un’enorme
fioritura
economica, artistica e musi- |
cale. Le
Fiandre sono il serbatoio a cui Venezia per tutto il Cinquecento
attinge abbondantemente: il primo maestro di cappella è Pietro de Fossis, nativo delle Fiandre, seguito nel 1527 dal fiammingo Adrian
Willaert, che oltre a scrivere messe, mottetti e liturgie,
sperimen-ta la pratica del madrigale, insieme a Verdelot e Arcadelt,
un genere musicale che unisce musica e poesia sotto l'aspetto colto.
La diffusione di
queste musiche è enorme e Venezia vive una stagione d'oro,
testimoniata in cronache, lettere, racconti e in poesie, come nella
seguente di Gerolamo Fenaruolo:
s'odi in calle o in canale a notte o a giorno
del Parabosco il canto o il tenor, vana
cosa è annunciar (. . .)
Non ti scordar del Cambio, e cortigiana
udrai intonar grechette in stil più adorno.
Del Rore e d'Adriano ai madrigali (. . .;".
Fu Wiliaert (1490
circa - 1562), per ben 35 anni alla guida della Cappella di San
Marco, ad incrementare la pratica musicale e ad introdurre la prassi
dei "cori spezzati", ossia lo sdoppiamento diviso e dialogante tra
il coro della cappella piccola e quello della cappella grande, ad
imitazione dell'esigenza del raddoppio dell'organo, attuato fin dal
1490 presso la Basilica.
L'uso quindi
dialogante tra gli organi e poi tra i cori, porta alla creazione di
musiche appunto "spezzate" tra due zone della chiesa, che
suddividendosi e poi fondendosi insieme, creano effetti d'eco
spettacolari e suggestivi, rinvigoriti dalla bellezza dei mosaici
che adornano la chiesa stessa.
La polifonia che fiorisce in San
Marco tende a disporsi in formazioni policorali, grazie
all'esisten-za di due cantorie e di due organi (l'uno grande e a più
registri per le esecuzioni solistiche, l'altro più piccolo e
trasportabile da affiancare ai cantori). Ma un'altra tendenza viene
a svilupparsi al'interno della pratica musicale marciana, e cioè
l'utilizzazione di strumenti musicali, sia soli che insieme ad altri
strumenti o con i cori vocali. Gli strumenti più utilizzati, di cui
ci restano ampie documentazioni iconografiche sono generalmente
quelli a fiato (al riguardo particolarmente significativo risulta il
dipinto di Gentile Bellini, Processione in Piazza S.
Marco,
realizzato |
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