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Nel Settecento la Repubblica Veneta mantiene ancor nel mondo
politico una sua tradizione di giustizia un sistema che sembra
resistere nelle strutture, ma dietro a ciò corre lo spirito dei
tempi nuovi, l'individualismo, l'amore per il bello, la ricerca del
diletto per il diletto. La musica diventa ornamento, insegue le
nuove realtà, si insinua nelle case patrizie come nei conventi, e
gli ospedali di carità diventano le perle musicali, come lo erano
state in passato le confraternite.
La musica quindi non adempie più ad una funzione politica, bensì
assume una funzione sociale, entrando nei teatri, nelle chiese,
nelle case, accompagnando così la vita culturale dei nobili e dei
popolani.
La musica non è più quella che appariva nella descrizione minuziosa
della processione del Doge fatta da Gentile Bellini, ne quella degli
angeli musicanti spettatori in dipinti raffiguranti incoronazioni
varie, sposalizi o Madonne in trono, ma è l'incarnazione
dell'amenità, l'affresco del grande concerto tipico dei dipinti di
Pietro Longhi, delle feste di Cabriel Bella, degli intimi
trattenimenti domestici e di palazzo.
Venezia sembra animata di suoni in tutte le ore del giorno, nei rii,
nei campielli, in ogni suo spazio, è il suo popolo che suona e
canta melodie tratte dalla tradizione, ma anche lì per lì
improvvisate, tanto che sembra che tutta la città, giorno e notte,
faccia risuonare più l'anima popolare che la musica dotta, colta,
parimenti coltivata ampiamente.
Carlo Goldoni aveva scritto: "Che allegria, eh vivacità in quel
minuto popolo! Cantano i Venditori spacciando le merci o le frutta
loro: cantano i Garzoni ritornando dalle botteghe alle loro case:
cantano i Gondolieri, aspettando i Padroni: cantasi per terra e per
acqua, e cantasi non per vanità, ma per gioia".
L'arte dei suoni viene coltivata nelle case patrizie, e la sua
consuetudine viene trasformata in una vera e propria pratica, che
conosce il momento culminante nei "nobili dilettanti", come amano
definirsi musicisti quali Albinoni, Alessandro e Benedetto
Marcello.
Tomaso Albinoni (1671 - 1751) svolse la sua attività sia nel campo
vocale che in quello strumentale, con pari intensità fino al 1740,
anno in cui cessò completamente di scrivere musica.
Le sue composizioni ebbero grandi favori presso il pubblico
veneziano e la sua fama di operista valicò in breve tempo anche i
confini della Serenissima, ottenendo perciò quei meriti che
sembravano contraddire la definizione che egli diede di se stesso
per molti anni, quella di "musico di violino dilettante veneto".
Albinoni, insieme a Gentile, Benedetto Marcello e Vivaldi, è uno dei
più antichi autori di concerti di area veneziana.
Il concerto veneziano inizia con l'op. 2 albinoniana per proseguire
poi in |

Venezia. Campiello di Santa Maria Formosa. |
svariate raccolte; ma è probabilmente nei concerti per strumenti a
fiato che Albinoni realizza appieno la sua arte. Pare anzi che il
precoce interesse dimostrato da Albinoni per il concerto, introdotto
da lui a Venezia, possa essere sorto in analogia con un precedente
interesse nei confronti di alcune sonate per oboe con strumenti a
fiato. Le maggiori prove offerte da Albinoni in questo campo sono
legate ai Concerti per oboe, concentrati principalmente nelle Opere
n.7 e n.9.
Il compositore si interessò a questo strumento, nato in Francia
intorno al 1660, alquanto tardi, nel 1720, se si considera il fatto
che l'oboe era già stato introdotto a Venezia, sia a San Marco che
alla Pietà, rispettivamente nel 1698 e nel 1706.
L'op. IX presenta le maggiori esplorazioni stilistiche albinoniane e
soprattutto nel linguaggio melodico dell'oboe
vi sono richiami costanti allo stile melodrammatico dell'epoca e
approfondimenti dei caratteri musicali già espletati da Albinoni
nei lavori precedenti.
Nel 1710 Apostolo Zeno, in una sua lettera, così descriveva
Alessandro Marcelle (1669 - 1747): "egli è studioso, massimo delle
matematiche, compone anche con qualche gusto in verso latino e
italiano. Ha la cognizione di molte lingue [. . .) E' ingegnosissimo
in lavorare istrumenti matematici, e globi, come pure nel disegno e
nella pittura. Suona molti strumenti, e sa tanto di musica, che ha
potuto dare alle stampe dodici Cantate (...) E d'ottimi costumi, e
d'incomparabile gentilezza". |