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Il teatro
musicale da Venezia, sua patria, si diffuse in tutta Europa, a
partire dall'inaugurazione dell'opera nazionale francese, a Parigi,
nel 1645 con la già citata La finta pazza, continuando con
le fortune di Cavalli, Antonio Cesti a Innsbruck e a Vienna, di
Agostino Steffani e Antonio Sartorio alla corte di Hannover.
Con la fine
del Seicento si farà strada a Venezia un'usanza che sarà poi
celebrata nel secolo seguente: gli "orfanotrofi", situati in quattro
punti della città (gli Incurabili alle Zattere, i Mendicanti e
l'Ospedaletto
ai Santi Giovanni e Paolo, la Pietà sulla Riva degli Schiavoni e
Santa Maria della Fava), non si occuperanno più solamente di opere
assistenziali, bensì inizieranno ad istruire musicalmente gli
orfani e le orfanelle, preparan-do, soprattutto quest'ultime al
mestiere di suonatrici e "cantatrici".
I maggiori
insegnanti e compositori, i solisti più illustri si alternano alla
guida di tali istituzioni, e le rappresen-tazioni musicali nelle
chiese si avvicendano come accompagnamento alle liturgie o come
esecuzioni di oratorii drammatici, scritti su soggetti sacri. I
quattro Ospedali di Carità, antesignani di quelle istituzioni che
successivamente assumeranno la denominazione di "conservatori di
musica", promossero situazioni musicali in cui oltre alla
trasformazione sacra del genere teatrale si assistette alla
fortunata affermazione, nello stesso
ambito
della musica sacra, di nuovi stili strumentali, di nuove orchestre,
di nuovi gusti d'intrattenimento.
Gli oratorii
furono introdotti a Venezia solamente nella seconda metà del
Seicento, relativamente tardi agli altri centri italiani in cui
questo genere aveva già trovato promozioni e favori.
All'epoca in
cui fecero la loro comparsa i primi oratorii, intorno al 1667
-secondo alcuni documenti archivistici- Venezia era una sbiadita
reminiscenza di quella città che era riuscita ad imporre la sua
reputazione e la sua fama ovunque nei decenni precedenti .
La città,
reduce da eventi militari disastrosi, come la perdita militare di
Cipro (1571) e l'estenuante guerra di Candia (1645 - 49), aveva
subito durante il Seicento pesanti conseguenze sul terreno fiscale
(numerose e gravose furono le imposte per finanziare la guerra)
e contraccolpi sul mercato
finanziario, situazioni queste
che furono solo in parte ammorbidite dalla conquista della |
Morea (1687), che in verità riuscì a provocare una fugace illusione
di ambizioso ritorno alla passata grandezza, per svanire
definitivamente nel 1715, anno che sanciva la conclusione del
trentennale dominio moreota.
Parimenti alla crescente decadenza economica e alle non meno
preoccupanti epidemie e carestie che colpirono ora l'una ora
l'altra provincia della Repubblica di Venezia, la società veneziana
si presentava in netta contrap-posizione a quelle che erano le
realtà storico-economiche persistenti ed i malesseri, in genere,
della vita pubblica.
Cronachisti, viaggiatori stranieri, residenti diplomatici,
corrispondenti locali e non, furono unanimi nel lodare la splendida
vita teatrale veneziana, l'impresa iperprodut-tiva della musica, sui
molteplici piani della festa, dell'oratorio, dei drammi musicali
nella loro articolata tradizione prevalentemente mercenaria e quindi
concorrenziale.
Fra i primi, monsignor Francesco de Pannochieschi, coadiutore del
Nunzio pontificio a Venezia tra il 1647 e il 1652, osservava in una
sua relazione (contenuta nel volume di Pietro Molmenti, Curiosità
di storia veneziana, Bologna, Zanichelli 1919) che "quanto alli
teatri, overo come essi dicono le Opere in musica, si rappresentano
in Venetia in ogni più ampia et squisita forma,concorrendo a
renderli più riguardevoli, oltre l'industria della gente,
l'opulenza del proprio Paese, d'onde pare che habbino tratto
l'origine et ove parimente basterà dire, che le si fanno quasi più
per negotio che per trattenimento".
Una folta schiera di cataloghisti, quali l'Ivanovich, Bonlini,
Groppo, Allacci, Galvani, Wiel, Canal e Caffi, scaglionati fra Sei e
Ottocento, hanno trasmesso -seppure parzialmente e imperfettamente-
una esauriente descri-zione del repertorio lirico e drammatico
consumatosi a Venezia.
Fin dalla storica rappresentazione di Andromeda di Benedetto
Ferrari e Francesco Manelli, avvenuta nel carnevale del 1637 presso
il Teatro di San Cassiano, la città appare quindi dedita
esclusivamente ad intensi-ficare la produzione spettacolar-teatrale.
Durante il Seicento a Venezia sono attivi molti teatri, la musica
religiosa è arricchita dall'antica pratica policorale e dall'uso di
orchestre in numerose chiese, l'oratorio vie- |

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