scuola - famiglia - territorio IL PROGETTO ARCOBALENO |
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un laboratorio espressivo |
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LABORATORIO ESPRESSIVO DALLA SCULTURA |
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di Leonardo Trevisan e Adriana Gusso |
FONDAZIONE PREMIO ALTINO leo@fondazionepremioaltino.it |
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Articolazione del lavoro
1. Proposta dell’idea e
sondaggio per la realizzazione. |
PERCHÈ UN LABORATORIO ESPRESSIVO I docenti ritengono che gli alunni debbano essere guidati nell’esperienza di un lavoro di gruppo, intorno ad una tematica significativa ed adatta alla loro età, per mettere in evidenza le proprie abilità espressive, siano esse la scioltezza dei movimenti del corpo, o la gestualità, od ancora la manualità, oppure la modularità della voce. Ecco che l’avvicinare i preadolescenti ad un artista, che da anni collabora con la nostra scuola, del calibro di Simon Benetton dalla personalità preponderante, simpatica e positiva e alle sue opere, definite dai critici “una vera architettura del pensiero”, offre loro sia una chiave di lettura idonea per penetrare nel mondo spesso incomprensibile dell’arte contemporanea, sia una contagiosa carica di entusiasmo da sollecitare anche i più restii e i più introversi a dare il loro contributo.
Il
lavoro dei docenti è imperniato su diversi piani operativi:
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Il PREMIO ALTINO fa parte delle iniziative del Progetto Arcobaleno, che dal 1986 ha visto più di 2000 ragazzi coinvolti in attività didattiche ed educative a stretto contatto con la natura e l’archeologia, finalizzate alla riscoperta di una propria identità locale attraverso la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale del territorio. Il Premio Altino è l’incontro col “protagonista” adulto: un contatto con infiniti aspetti educativi, testimonianza concreta di storie possibili e di umanità compiute in singolare originalità. Ponte di collegamento fra passato e presente, il Premio Altino viene assegnato a protagonisti dell’arte, della ricerca, dell’economia, dello sport, che si sono distinti nelle singole discipline e che sono oggi un importante punto di riferimento per l’educazione dei giovani. Il Premio Altino è anche un riconoscimento formale di questi personaggi per il loro successo professionale, per la disponibilità dimostrata nel tradurre le loro competenze nella crescita delle nuove generazioni e per la collaborazione offerta nel sostenere l’aspetto storico-culturale e turistico dell’antica città di Altino e delle due strade romane “Annia” e Claudia Augusta”. |
A TU PER TU CON SIMON
Incontrare Simon Benetton nella sua “fucina” ed osservarlo al
lavoro, non capita di norma. Invece, ai ragazzi frequentanti
la Scuola Media “A.Roncalli” negli ultimi anni è successo parecchie
volte. E in ogni occasione si osserva il loro stupore mentre
seguono i movimenti veloci e precisi del maestro nel domare il ferro tra
il fuoco e l’incudine o nell’usare ritmicamente il martello per creare le
forme. Nel mostrare un’insegna quasi ultimata, Simon spiega agli alunni quanta importanza, anche in tale lavoro -che potrebbe ai non addetti, sembrare semplicistico- abbiano i particolari che debbono mettere in evidenza le caratteristiche di un albergo di montagna. Rami e foglie intrecciati tra loro sono creati e costruiti uno per uno, grazie alla abilità, alla manualità, alla pazienza, alla laboriosità del maestro artigiano, categoria lavorativa in via di estinzione, sopraffatta dalle tendenze del mondo attuale: l’industria, le macchine, l’impazienza, la pigrizia fisica e mentale. Per far comprendere come lavora un artista-artigiano, Benetton prende una sbarra di ferro, la riscalda al fuoco, la modella sotto i secchi colpi del suo martello. In poco tempo, un piccolo ramo con due foglie si materializza davanti a 40 paia di occhi, dapprima un po’ distratti ma via via sempre più attenti. Il maestro parla ai ragazzi mentre nuovamente scalda e batte il ferro per costruire un cavallino (che col ramo darà ai ragazzi da portare a scuola) e racconta del suo mestiere che pratica da 50 anni, mestiere che lo ha sempre arricchito dentro, mai deluso, che gli ha dato la possibilità di guardarsi intorno e rispettare la natura, dalla quale ha imparato sempre qualcosa. All’uscita, nel cortile del laboratorio, una delle macrosculture, intitolata “Evoluzioni”, fa da sfondo alla foto di rito; subito partono a raffica le domande dei ragazzi sul peso, sull’altezza, sul costo, sul tempo impiegato per costruirla. Simon risponde a tutti con grande affabilità, mentre si avvia a piedi verso il vicino studio-museo, capofila di un vociante corteo. Ma, durante la visita ai due piani ove sono raccolte le opere più significative dell’artista, i ragazzi ammutoliscono: il percorso obbligato che dai primi ritratti in forme realistiche arriva alle linee scarne di oggi, è talmente sorprendente da intimorirli. Infatti se inizialmente, spiega lo scultore, egli parte dalla realtà e copia la natura, successivamente procede ad idealizzarla. “Lavorando il ferro, cercavo di trovare l’anima”, dice ai ragazzi. In tal modo, svincolato dalle forme, egli ha la possibilità di entrare “con forza nello spazio”. Tagliare la lamiera con la fiamma ossidrica è, metaforicamente, aprire la strada alla libertà del pensiero, ovvero alla sublimazione della idea. Nello stesso tempo, prosegue Benetton, egli concepisce l’opera d’arte come un bene collettivo, da fruire e da rispettare da tutti ed in effetti molte delle sue opere sono posizionate in strutture urbanistiche ricreative, quali piazze, isole pedonali, giardini pubblici. Anche una delle sue ultime fatiche, “Il Viaggio”, per qualche settimana in primavera, sarà sistemata nell’atrio della scuola “A.Roncalli”. Intanto Benetton lascia che i ragazzi possano passeggiare nel suo museo e soprat-tutto tra le forme particolari di tale opera, lunga ben 9 metri e alta 3. C’è però chi segue il percorso delle linee anche con le mani, oppure con gli occhi: su, giù, in tondo e di nuovo su, giù, a zig-zag... Ma quando il maestro comincia a spiegare, silenzio, attenzione e interesse prendono il sopravvento. E quelle forme strane, quel tubo esagonale si trasformano, nell’incalzare del racconto, nel viaggio di ogni uomo, di ogni tempo, di ogni paese.
Si
deve rientrare a scuola e sulla strada del ritorno ci si scambia le prime
impressioni. L’artista ha spiegato le sue opere in modo concreto, mi
confida una ragazzina e -continua- la cosa che mi ha colpita di più è
l’amore che Benetton mette nel costruire. Parecchi ragazzi raccontano di essere stati sorpresi dalla quantità di manifesti e locandine (che coprono le pareti dello studio-museo) delle mostre dedicate a Benetton, si può dire in tutti i continenti. Altre ragazze, infine, hanno intuito l’intenso periodo di riflessione sulla propria esistenza che sta a monte dell’opera “Il Viaggio”. Si arriva a scuola, ma il nostro viaggio sul lavoro che ci attende è appena iniziato. |
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