Luigi RINCICOTTI

     
   

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NOTA CRITICA

... // nostro destino è fatto dalle esperienze che viviamo nel corso della vita.

A volte viene voglia di fermarsi e di guardarsi indietro, per fissare nella mente
gli eventi più importanti, sia individuali che collettivi.

E un po' quello che succede con la pittura di Rincicotti, che racconta le proprie
esperienze attraverso la propria arte, sapendo affrontare anche tematiche di
carattere filosofico.

Con la serie dedicata allo zodiaco ecco come i nostri destini astrali prendano
una forma e un aspetto, inseriti in contesti surreali dove il colore, materico e
prezioso, suggerisce modalità di visione inedite.

Lasciarsi ammaliare da un quadro di Rincicotti è cosa semplice, vista l'immediatezza
con cui i colori e le forme seducono la retina.

Leggere un quadro di Rincicotti è invece un'operazione complessa, perché l'autore
definisce la trama del suo racconto in maniera allusiva, lasciando a ciascuno il desiderio
o la possibilità di entrare in un mondo nuovo, fatto di simboli, di archetipi, di ricordi,
di sogni, di spiritualità, da percorrere un po' alla volta, entrando per gradi in una realtà parallela che potremmo definire metafisica. Costruire un racconto in pittura significa dar luogo a immagini e forme dal forte potere evocativo, capaci di esprimere non solo un sentimento o un'emozione, ma anche di stimolare a livello mentale un percorso narrativo.

Rincicotti si esprime attraverso immagini che sembrano ritagliate da un sogno,
 

 

personaggi che esprimono la loro estraneità al mondo reale rivelandosi quali archetipi
del grottesco, attraverso le note mesto tragiche di una gigantomachia che irride la realtà
mostrandone il suo lato oscuro, ma riuscendo comunque a evocare sempre un sentimento
di ingenua freschezza. Con i suoi riferimenti alle avanguardie del novecento, ma anche
con la capacità di citare la lezione del rinascimento italiano, la pittura di Rincicotti sa
essere colta, raffinata, contraddistinta da quel senso della misura che è di matrice squisitamente classica, una misura che non consente mai all'occhio di stancarsi, così
come i fantasmi delle paure ataviche che si affacciano dalle sue tele non cedono mai
spazio ad una vuota retorica.

C'è la capacità di esprimere tutto con equilibrio, di irridere il presente e tutte le sue
finzioni, ma anche di dare delle risposte, costruendo la  favola di un mondo nuovo che
dietro alla maschera - come disse a proposito Maurizio Calvesi - svela il volto apollineo
della speranza.

                                                                                                            Lucia Majer

 

 

 

   
         

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