La qualità dei vini del Veneto Orientale

e del Basso Friuli dopo 2000 anni

Giampiero Rorato  -  Leonardo Trevisan

 

L'antica aristocratica Tavola Altinate

Antiche storie di viti e di vini

Ricettario per una cena romana

La qualità dei vini del Veneto
Orientale e del Basso Friuli

Una storia lunga, affascinante e martoriata, racconta le vicende d’una terra che nella seconda metà del Novecento ha conosciuto una nuova promettente primavera che continua ancor più fulgida all’inizio di questo terzo millennio.

Quello che s’estende da Altino, alle porte di Venezia e fin oltre Concordia Sagittaria, oltre Jesolo e Carole, è uno di quei magici luoghi dove millenni di civiltà hanno lasciato segni imperituri. Ben quattro vescovadi l’hanno nobilitata nei primi secoli dell’era cristiana: oltre quello di Altinum, c’erano infatti vescovi a Iulia Concordia, probabilmente il primo in terra veneta, Equilio e Carole, segno d’una ricca presenza di comunità dalla solida operosità, vivaci anche culturalmente, che avevano attirato dapprima l’interesse degli storici di Roma, poi dei grandi centri di irradiazione cristiana di Aquileia e di Roma.

Questo è il Veneto Orientale, terra di millenaria civiltà, a volte confine ma più spesso luogo di intensi e fecondi rapporti. Qui la gronda lagunare s’incontra con la fertile campagna veneta, spingendosi oltre Quarto d’Altino, Meolo, San Donà di Piave, Ceggia, San Stino di Livenza, Annone Veneto, Pramaggiore, Portogruaro, San Michele al Tagliamento, fino a lambire il vicino Friuli.

Posta tra i fiumi Dese e Tagliamento, attraversata dal Sile, dal Piave, dalla Livenza e dal Lemene, con al centro l’antica Iulia Concordia, centuriata nel 42 a. C., dopo la battaglia di Filippi, quale segno di generale pacificazione, quest’area intessuta di antichi borghi e moderne cittadine, mostra tutt’intera la sua vocazione vitivinicola.

Furono i Romani, con le centuriazioni di Altino, Opitergium e Concordia a strappare queste terre alle paludi e alla selva per sviluppare un’agricoltura che ha poi trovato ulteriore impulso nell’opera dei Benedettini e soprattutto degli Abati di Santa Maria in Silvis di Sesto e di Santa Maria di Summaga, quest’ultima appena fuori del centro storico di Portogruaro.

Da queste parti sono passati tutti, ma proprio tutti quelli che, nel corso dei secoli, sono venuti a cercare cibo e fortuna in Italia. Dagli antichi Veneti, passati oltre tre millenni or sono e fermatisi a fondare anche Equilio e Altino, ai Celti scesi dalla Carnia e arrivati fino alla Livenza, ai Quadi e Marcomanni giunti dalle pianure al di là del Danubio e fino ai Longobardi, rimasti in queste terre oltre due secoli e poi Franchi, Ungheri e i tanti eserciti che negli ultimi mille anni hanno varcato le Alpi, il Tagliamento è stato oltrepassato da orde, fiumane, eserciti centinaia e centinaia di volte, spesso distruggendo, a volte mischiandosi alle genti locali, lasciando comunque dei segni ancor oggi visibili.   

In questo alternarsi di vicende l’agricoltura ora s’espandeva fiorente ora lasciava il posto al bosco e alla palude. Ma negli antichi terreni centuriati, appena sfiorati dalle annuali esondazioni dei fiumi - specie nelle aree tra la Postumia, fatta costruire nel 148 a.C. dal console Spurio Postumio Albino e l’Annia, voluta nel 131 a.C. dal pretore Tito Annio Rufo, strade che provenendo da luoghi fra loro lontani s’univano poi a Concordia, proseguendo congiunte per Aquileia - le viti piantate dai Romani continuavano a produrre ottimi vini per la gioia dei residenti e per i commerci esistenti già in epoca romana e poi nel lungo periodo medievale.

Gli studiosi, cercando di ricostruire sui rari documenti disponibili e sulle scarse tracce di reperti le antiche tipologie enologiche, ritengono che nell’area concordiese siano giunti gli stessi vitigni presenti nella centuriazione aquileiese e, successivamente, in quella opitergina. Innanzitutto, dunque, l’antichissimo vitigno autoctono, il Picina omnium nigerrima, l’attuale Refosco dal peduncolo rosso, poi altri vitigni a bacca bianca e rossa del cui nome s’è persa la memoria.

Che in tutta quest'area si producesse ovunque il vino ce l'attesta anche il testamento dei longobardi Erfo e Marco, figli di Pietro duca del Friuli, redatto attorno alla metà del 700, nel quale essi elencano puntigliosamente le terre vitate che donano all’Abbazia benedettina di Sesto al Reghena, senza dimenticare che, allora, i monasteri erano abitati da grandi comunità di monaci, molti dei quali sacerdoti, per cui serviva il vino per le celebrazioni liturgiche.

Con l’espansione di Venezia in terraferma e soprattutto dopo il 1420, quando il Leone di San Marco sventolerà in sinistra del fiume Livenza in tutte le terre che furono del patriarcato di Aquileia, la viticoltura del Veneto Orientale, in particolare nelle aree tra il Sile e il Tagliamento, conosce un nuovo interessante sviluppo che, con fortune alterne, continua fino ai tempi della Belle Epoque. Ma la prima vera rivoluzione enologica lungo l’antico percorso dell’Annia la si ha a partire dagli anni immediatamente successivi all’unità d’Italia.

Sul finire dell’Ottocento, infatti, inizia a diffondersi in queste aree, assieme a quella del Refosco, la fama del vino Tocai (Tai dal 2007), che è la vera colonna portante del rinascimento enologico della zona. Già ancora in epoca austriaca, un canonico di Concordia, monsignor Carlo Guarnirei, proprietario di una bella campagna a Lison di Portogruaro, fu il primo a coltivare con amore il Tai e a produrlo in purezza, separandolo dagli altri vini bianchi allora prodotti. Fu imitato da un altro canonico concordiese, monsignor Angelo Baj e il loro esempio fece numerosi proseliti.

Nell’ultimo decennio dell’800 il Tai trovò un grande estimatore in un illuminato proprietario terriero, Giuseppe Dalla Pasqua, che non solo razionalizzò le piantagioni di Tai, ma diede impulso a tutta l’enologia della zona, che s’estendeva in modo abbastanza omogeneo nel territorio dei comuni di Annone Veneto, Pramaggiore, San Stino di Livenza, Portogruaro e Fossalta di Portogruaro.

Dopo la prima guerra mondiale, a sostituire le tantissime viti distrutte da un anno di occupazione, sono poi arrivati in zona i primi vitigni francesi: Cabernet, Malbech, Merlot e Pinot nero tra i rossi; Chardonnay, Pinot bianco, Pinot grigio e Sauvignon fra i bianchi, che andarono ad aggiungersi al Raboso, al Refosco, al Riesling, al Tai e al Verduzzo che erano riusciti a superare le distruzioni belliche.

Negli stessi anni del dopoguerra furono riprese le imponenti opere di bonifica verso il mare che permisero di acquistare all’agricoltura vasti appezzamenti sia in destra che in sinistra della strada statale Triestina, specie nelle aree di San Stino, Loncon di Annone Veneto e Lison di Portogruaro. Anche la viticoltura ne guadagnò, sicchè, dopo la seconda guerra mondiale, nacquero in zona nuove importanti aziende, aumentò il numero e soprattutto la qualità dei vigneti, si diffuse nelle cantine la moderna tecnologia, migliorò di molto la qualità dei vini e alcune aziende acquisirono in breve tempo rinomanza internazionale.

Finalmente, il seme gettato oltre due millenni prima dai coloni mandati da Roma riuscì a svilupparsi dando vita a vasti modernissimi vigneti, i cui vini ora conosciuti e apprezzati in ogni parte del mondo.
Viaggiando da Altino per il Veneto Orientale e il Basso Friuli si corre spesso in mezzo a vigne curate come giardini, ci si ferma in borghi e cittadine vivaci ed operose, si incontrano cantine dai nomi ovunque conosciuti. In queste terre, fino alla Livenza, si producono vini che portano le insegne della DOC “Piave”; in sinistra Livenza e fino al Tagliamento la denominazione di origine controllata è “Lison Pramaggiore”, e tutti questi vini hanno quanto serve non solo per nobilitare la millenaria tradizione vitivinicola del Veneto Orientale, avendo anche le qualità necessarie per essere considerati autorevoli ambasciatori di quella civiltà che da Altino s’è progressivamente diffusa sia in terraferma che a Torcello e poi a Venezia, città d’incanti, ancor oggi fra le più splendide e ammirate dell’intero pianeta.
      

 

Lison Pramaggiore D.O.C.
                 Riesling Italico, Chardonnay, Pinot Grigio, Sauvignon, Tocai Italico,
                 Tocai Italico Lison Classico, Verduzzo.
                 Refosco dal Peduncolo Rosso, Cabernet anche Franc e Sauvignon, Merlot.

 

© L. T.

 

 Friuli Latisana D.O.C.
               Chardonnay, Malvasia Istriana, Pinot Bianco, Pinot Grigio, Riesling renano, Sauvignon,
               Tocai Friulano, Traminer Aromatico, Verduzzo Friulano.
              
Cabernet, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Franconia, Merlot, Pinot nero, Refosco dal Peduncolo Rosso.

   

 Friuli Annia D.O.C
              
Malvasia Istriana, Tocai Friulano, Pinot Bianco, Sauvignon, Pinot Grigio, Chardonnay, Traminer Aromatico,
               Verduzzo Friulano, Chardonnay e Pinot Bianco Spumantizati.
               Merlot, Refosco dal Peduncolo Rosso, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Rosato.

 

 Friuli Aquileia D.O.C.
                Bianco, Chardonnay, Malvasia Istriana, Müller Thürgau, Pinot Bianco, Pinot Grigio, Sauvignon, Spumante,
                Riesling, Tocai Friulano, Traminer aromatico, Verduzzo Friulano.
                Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot, Novello, Refosco dal Peduncolo Rosso, Rosato, Rosso. 

   © L. T.

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