MUSICOTERAPIA E
CANTO GREGORIANO
a cura di
Leonardo Trevisan
Oggi, come e noto, si
afferma sempre più il valore della musica in
quanto elemento anche curativo fisiologico e
psicologico, e ciò che empiricamente (ma era
proprio e soltanto empiricamente?!) asserivano
gli antichi fin dai primordi dell’umanità, sta
diventando sempre più una riscoperta
scientifica: i suoni
possono
agire curativamente sia nella sfera fisica sia
in quella psichica. Sappiamo che Pitagora «usava
lenire con la musica e il canto le sofferenze
dello spirito e della carne»; Platone diceva che
«la musica è stata concessa dagli dei agli
uomini non per solleticare i sensi, ma per
calmare le tempeste dell’animo». E’ anche
risaputo che il Dio indiano Krisna incantasse i
fiumi con il flauto; Orfeo, in Grecia,
ammansisse le belve con la cetra; David placasse
le ire del re Saul con l’arpa. Nel mondo
sanscrito ancora oggi esiste tutta una
tradizione vivissima di canti terapeutici
accompagnati da Vari strumenti che valorizzano
soprattutto il momento ritmico e modale.
Nel 1811 l’italo-ungherese, Pietro Linchenthal
scrisse il
Trattato sull’influenza della musica sul corpo
umano. Forse da quel momento iniziò
l’elemento scientifico della musicoterapia, che
riemerse nel 1944 negli Stati Uniti, a New York,
con una Fondazione per le ricerche sulla Musica,
sino alla cattedra universitaria sulla
musicoterapia al Michigan, donde il lancio in
altre nazioni, sino alla laurea in tale materia
conseguibile dopo quella di medicina. In Italia
nel 1972, presso la Fondazione Carlo Erba di
Milano si ebbe un importante simposio in cui si
riconobbe come la musica, di fatto, agisca «su
tutto il corpo, dalla mente agli organi della
vita vegetativa, dalla coscienza alla
sensibilità organica generale, secondo
meccanismi che si possono definire
psicosomatici, provocando modifiche psichiche e
fisiche, transitorie o permanenti».
IL CANTO GREGORIANO
E' strutturato su una triplice base: ritmica,
modale, intonazione pura. Possiede pertanto gli
elementi più qualificanti per una musicoterapia
con effetti a tutti i livelli, a differenza di
altri generi musicali ai quali manca spesso o
l’elemento modale ovvero quello della
intonazione pura e, oggi, a molte musiche, manca
anche l’elemento ritmico. Esaminiamo
singolarmente questi elementi strutturali:
1)
La ritmica gregoriano: è strettamente quella
usata nella più rigorosa accezione
sanscrito-greca e che trova la sua definizione
già in Platone quando ci dice «
Il ritmo è
l’ordine del movimento » (Leggi, lib. II,
665), definizione classica nella quale non si
accenna né all'ordine quantitativo né a quello
intensivo né a quello melodico. Ma si parla
soltanto dell’ordine
cinetico:
è il primo elemento da applicare alla
terapia. Il ritmo cosi inteso ha come suo scopo
essenziale quello di ordinare, coordinare e
subordinare in un tutto armonioso i singoli
movimenti sonori forti, deboli, lunghi, brevi,
acuti e gravi. Le situazioni del suono
costituiscono così gli elementi del ritmo, ma
non il ritmo in se stesso; e questi elementi
vengono informati e spiritualizzati dal ritmo e
dona loro le movenze di grazia, di bellezza e di
vita.
Sotto
questo aspetto il
ritmo è
l'anima dei suoni, in quanto li organizza in
un tutto vitale avente un significato preciso. E
questa anima dei suoni è qualcosa che deriva da
quell’istinto
di ordine che Dio stesso ha immesso e infuso nell'uomo, il quale
vuole ordinare tutto, si compiace in
quest’ordine e sente repulsione per ciò che non
è ordinato (Platone, nel Timeo, c. 47, asseriva:
« Il ritmo che corregge in noi la tendenza a un
difetto di misura e di grazia, visibile nella
maggior parte degli uomini, ci è stato donato
dalle stesse Muse e in vista dello stesso
fine»). Da questo istinto gli antichi facevano
scaturire anche tutte le altre scienze umane;
perciò l'uomo se ordina i suoni crea la musica,
se ordina le parole crea l’eloquenza e la
poesia, se ordina i vari fenomeni naturali
indagati rigorosamente crea tutte le altre
scienze fisiche e matematiche. In tutti questi
ordinamenti
domina il
ritmo, per cui essi si presentano all’udito
(se musica), all'occhio (se arti plastiche) e
all'intelligenza (per le altre materie
scientifiche) con quella proporzione e giustezza
che contribuiscono a creare il bello e il
piacere e il consenso dell'intelligenza, della
volontà e del cuore.
La nozione del ritmo in se stesso costituiva
quindi per gli antichi l'elemento
sostanziale e primordiale, anzi maschile
della musica; mentre, invece, la melodia
costituiva quasi l'elemento femminile. Insomma
il ritmo è la forma della melodia, la quale riceve dal ritmo e
l'essere e la vita: perciò il ritmo era il
principio
supremo
dell'espressione musicale. Quintiliano
scriveva: «Veters quidem RYTHMUM marem nominarunt, melos vero
foeminam.
Melos enim ineficax est et figura caret,
materiae rationem obtinens ob comrnoditatem ad
contrarium; at RYTHMUM ipsum
fingit et
movet ordinate, facientis rationes obtinens
ad id quod efficitur» (Meibomius, p. 43).
Dunque il ritmo è l'elemento
primordiale: e molti popoli ignoravano
l’armonia, ma nessuno poteva ignorare il ritmo.
Una successione di suoni sarebbe un caos di
vibrazioni, qualcosa di informe e indeterminato
se non vi fosse il ritmo, in forza del quale
questa materia sonora prende forma e diviene un
organismo intelligente e intelligibile. Dunque
il canto perfetto nasce dalla unione e della
melodia e delle parole informate dal ritmo: «Cantus
est quidem perfectus qui ex harmonia et rythmo
et dictione constat» (Quintiliano, ivi).
Abbiamo dunque una concezione scientifica del
ritmo messa in stretta relazione psico-fisica
con l'uomo. Ecco perché, secondo gli antichi,
ciò che
influisce sul nostro morale e può anche
modificare
le nostre sensazioni e i nostri affetti non è
soltanto l'elemento melodico, ma soprattutto il
ritmo.
Aristotele, nei suoi problemi musicali dice: « i
diversi tipi di melodia ci trascinano a causa
del loro effetto morale: noi prendiamo piacere
al ritmo, perché esso racchiude in se stesso un numero percettibile e
regolare, e provoca in noi dei movimenti
regolari ». E subito continua dicendo: « Infatti
il movimento regolare ci è più simpatico che
quello disordinato: la prova ne e che esso e più
conforme anche alla nostra natura...» E nel
libro VIII della Politica scrive: Nelle
composizioni musicali vi è
riproduzione degli stati dell'anima; perché
la natura delle armonie (melodie) è così
dissimile che ascoltandole si resta
impressionati in maniera differente, e da
ciascuna di essa non si riceve affatto la stessa
impressione. Lo stesso vale per il ritmo: certi
ritmi hanno un carattere calmo, altri sono più
movimentati; e fra questi ultimi, alcuni hanno
un"andamento grossolano e volgare, altri sono
delicati e distinti ».
Se alla definizione del ritmo, data da Platone,
aggiungiamo quella di Aristosseno (sec. IV a.C.)
cioè «Rythmus est ORDO TEMPORUM», comprendiamo
meglio l'influsso psico-fisico della musica in
noi. Infatti l'ordo
motus
di Platone viene spiegato
dall’ordo
temporum
di Aristosseno. In altre parole: l'ordine del
movimento delle vibrazioni sonore è misurato nel
tempo perché si manifesti al nostro udito in una
maniera o nell'altra.
Aristotele definisce il tempo: «Numerus motus secundum prius et posterius» (libro IV Physicorum, pag. 133), e anche: «Tempus est mensura motus». Scorre invisibilmente silenzioso, il
tempo.
Ma ciò che lo rende percettibile è precisamente
il movimento che noi, a nostra volta possiamo
percepire sia mediante la vista sia mediante
l'udito a seconda della diversa qualità del
movimento.
Se cioè si ha un movimento
locale,
lo percepiamo con la vista; se è un movimento
sonoro, lo percepiamo con l'udito (cfr. Meibomius, pag. 31 sg. Per
Quintilianus).
Ma dire che il « tempo è la misura del movimento
», significa anche che, con lo stesso
tempo-misura, noi misuriamo non soltanto il
movimento sonoro, ma anche l'inizio e il termine
cioè la fine di questo movimento sonoro.
L'esistenza quindi del tempo noi la percepiamo
mediante la
successione del movimento sonoro, cioè mediante la successione dei
suoni, a cominciare dal tempo primo
indivisibile, quello cioè «che non può essere
diviso da alcuno dei vari ritmizzabili» (Aristosseno,
Fragmenta,
3, 4, 5, 9), quel tempo cioè che è semplice (asynthetos,
indivisibile atomos), il più breve di tutti (elàchistos)
e senza parti (amarès).
Cos'è pertanto l'ascolto di un'ora di musica?
Si
potrebbe rispondere:
è una fascia di silenzio
invisibile trapuntata, nella sua durata, da
vibrazioni sonore ordinate nel tempo.
Secondo il
diverso modo di ordinare nel tempo queste
vibrazioni, il nostro psico-fisico, percependo,
reagisce bene o meno bene ovvero male.
Il Canto Gregoriano ha una successione ritmica
di tempi liberi, come quella del
nostro discorrere verbale.
Dunque la
più spontanea e la più naturale. Infatti
noi, i quando parliamo, mescoliamo liberamente i
ritmi nella successione temporale secondo le
esigenze del pensiero che vogliamo esprimere, e
a queste esigenze facciamo corrispondere quelle
determinate parole che avranno i ritmi binari o
ternari o quaternari... secondo l'entità
verbale.
In musicoterapia sarebbe cosi scientificamente
provato il perchè questo canto è eterno e sempre
apprezzato e sempre sentito: esso è capace di
insinuare in noi tutti i sentimenti e gli
affetti appunto perchè è l'espressione
musico-ritmica più spontanea e naturale; e
produce quella terapia rasserenante che genera
la calma, la quiete, la distensione.
2)
La
modalità gregoriana è un altro elemento
fondamentale da cui sgorga la capacità
terapeutica del Gregoriano.
Occorrerebbe tutta una trattazione a parte di
analisi minuziosa (anche con brani musicali)
tanto è importante questo elemento. Ma ci
dobbiamo ora limitare ai principi soltanto.
Oggi insegnamo tre teorie modali: la sanscrita,
la esacordale e quella dell'octoechos. Tutte e
tre convengono nell'unica definizione:
La modalità è la relazione
dei toni e semitoni con una nota-base chiamata
tonica.
La parola «tonica»
filologicamente deriva appunto dal sanscrito
«tana» (in greco «tonos») che vuol dire
esattamente «corda tenuta ai due estremi». E’
quella corda con la quale giuocano i bambini al
salto. In senso figurativo musicale è un
pedale
tenuto da cima a fondo del brano sul quale
canta la melodia. Essa è la nota fondamentale da
cui sgorgano gli armonici secondo una precisa
legge fisica, ben nota (l'ottava, la quinta, la
quarta, la terza maggiore, la terza minore...
ecc.): sono cioè le note strutturali o modali
che servono di armonizzazione al brano stesso.
Ogni modo ha una sua tonica e le sue note
strutturali che formano un
ethos
proprio e differente dall'ethos degli altri
modi. Noi abbiamo, cioè, delle atmosfere e degli
ambienti di risonanza musicale uno
essenzialmente diverso dagli altri a seconda
della tonica diversa e delle rispettive note
strutturali differenti.
Nelle teorie rnodali sanscrite abbiamo una
infinità di modi musicali, se ne contano sino a
cinque mila, leggendo i Purana. E non c'è
affatto da meravigliarsi allorché si pensi non
soltanto alle differenti scale (dalle
tetracordali, alle pentacordali, esacordali
ecc.), ma soprattutto alla presenza dei toni,
semitoni, quarti di tono, ottavi, sedicesimi e
trentaduesimi di tono che loro percepivano e
tuttora percepiscono con una certa facilità.
Cosa che a noi europei meraviglia unicamente
perchè abbiamo ormai l'orecchio rovinato dalla
intonazione della scala temperata bachiana.
Certi quarti di tono appaiono ancora in alcune
melodie popolari siciliane e sarde.
Con le teorie esacordale e octoechos abbiamo
praticamente quattro espressività modali
fondamentali: il minore ordinario, il minore
forte, il maggiore ordinario e il maggiore
forte; ciascuno di questi però può essere
sentito in tre esacordi diversi, e, quindi,
possiamo avere dodici risonanze modali ovvero
ethos differenti. In altre parole, mentre con la
comune
tonalità moderna abbiamo soltanto un tono
maggiore ed un tono minore che tocca la nostra
psiche nelle due risonanze differenti; in
gregoriano abbiamo
dodici
modalità o maniere differenti di risonanza
musicale che tocca il nostro animo e psiche. Una
ricchezza veramente grande e varia, per cui e
già spiegabile quella « perennità» del canto
gregoriano che ha sempre affascinato e
trascinato le generazioni di tanti secoli. Si
spiega anche il ritorno continuo al Gregoriano e
come esso - a detta di tutti i più grandi
compositori moderni, oltre che di sempre - sia
la «matrice di ogni musica indo-europea.
Non è tutto. La terapia esercitata dal
Gregoriano sul nostro animo è meglio compresa",
se pensiamo alle
modulazioni modali ed esacordali del
Gregoriano: cosa incredibile: superano le
duemila! Esso, cioè, ha la possibilità e la
capacità di inflettere, di piegare, di sublimare
la parola e farla penetrare nel nostro animo con
tutti gli affetti, sentimenti, gioie, dolori...
in duemila
maniere diverse e differenti. Non c'è stato
d'animo che non si possa quindi rispecchiare e
ritrovarsi nel Gregoriano. E, mentre, si piega a
tutte le possibili espressività, non cede mai a
romanticismi, ma resta nobile ed elevato. Ecco
perché il Canto Gregoriano è
sempre
moderno. Vi si ritrovano espressi e curati
tutti gli stati d'animo dell'umanità intera di
tutte le età: piace a piccoli, ai maturi, agli
anziani. E le recenti statistiche dei
Conservatori parlano chiaro: i piccoli delle
medie amano dapprima il Gregoriano, e poi le
altre forme musicali polifoniche e strumentali:
la semplicità e la chiarezza di esso meglio si
addice all’animo di sempre!
Poi si volessero analizzare i
bicordi
armonici che scaturiscono dalle note
strutturali di ciascun modo, noi rimaniamo ancor
più sbalorditi.
Ogni
modo parte da
quattordici
bicordi differenti, giunge
a ventotto
con i rispettivi rivolti, quindi ascende a
settantaquattro negli esacordi, moltiplicati
con le quattro maniere differenti di modulazioni
avremo
duecentonovantasei; tenendo presenti le
varie combinazioni dei modi tra di loro,
giungiamo a
milleseicentoquarantadue
bicordi.
Un record che la nostra polifonia non potrà mai
permettersi nonostante le sue risorse vocali e
strumentali.
Abbiamo così una vera musica modernissima sotto
tutti gli aspetti, quanto agli
stili
(dal seriale sino alla più ampia dodecafonia) e
quanto alla
armonia
(dal jaz, al pop... al pancordismo …). Il
Gregoriano cioè anche armonicamente ha le
risorse per penetrare nella nostra psiche in
qualunque forma di stato si trovi.
3)
La
intonazione pura
è forse l'aspetto più scientifico e più valido
per una terapia da parte del Canto Gregoriano,
ma è anche, purtroppo, il più ignorato perché il
più difficile da studiare. Eppure il grande
teorico Raffaele CUMAR dice chiaramente: « Il
Canto Gregoriano
è apparso come l'espressione musicale
naturale
per eccellenza e le sue caratteristiche sono
risultate come le uniche adatte a realizzare
efficacemente questo genere di
anaturalità artistica. Che ciò corrisponda
alla realtà ci pare indiscutibile, data la
facoltà del canto monodico gregoriano di
adattarsi ai dieci sistemi di intonazione pura
».
Spieghiamoci: per intonazione pura si intende «
naturalità musicale » la quale si fonda sulL’intervallo
epimorio e rispettivo rivolto.
Il primo indizio di naturalità musicale si trova
nella percezione stessa del suono da parte del
soggetto senziente, che distingue le percezioni
delle consonanze della dissonanza e delL’intonazione.
Sappiamo che ogni suono è il risultato di un
complesso di suoni concomitanti dato dal suono
fondamentale e da una parte di armonici il cui
grado di intensità decresce in modo regolare con
il crescere della distanza che li separa dal
fondamentale.
Se non valesse una regola in merito alle
consonanze e alle dissonanze che i suoni di uno
spettro armonico formano fra di loro e anche in
merito alla loro intonazione, l'uomo non
potrebbe percepire diversità di gradevolezza
nelle varie combinazioni sonore e non troverebbe
gradevole nemmeno il canto e il suono della
propria voce. Si potrà obiettare che non tutti
gli intervalli di uno stesso spettro armonico
sono consonanti ed intonati, dato che in esso,
almeno teoricamente, rientra il modello di
qualsiasi intervallo esprimibile razionalmente,
consonante o dissonante, intonato o stonato. Ma
è ben noto che gli intervalli che si trovano nei
primi sei gradi dello spettro armonico, tra
suoni di maggiore intensità, sono percepiti come
consonanti e intonati, mentre gli altri, che
darebbero la percezione delle dissonanze e
alcuni anche delle stonature, sono lontani dal
fondamentale e perciò poco sensibili. Da ciò
potremo arguire che la regola della consonanza,
della dissonanza e della intonazione, in primo
luogo stabilisce la distinzione fra gli
intervalli consonanti e quelli dissonanti, in
secondo luogo ammette
come
intonati soltanto quegli intervalli il cui
rapporto di frequenza corrisponde a due numeri
consecutivi e interi. In altre parole,
potrei dire che la naturalità della musica
consiste, per quanto riguarda la sua veste
sonora, nella posizione che il soggetto
senziente occupa rispetto ai suoni di uno
spettro armonico, agli intervalli che nascono da
tali suoni e al rapporto numerico che è indice
degli stessi intervalli.
Da tutto ciò risulta che la naturalità musicale,
nella sua essenza, si riduce alla percezione
dell'intervallo e che da questo dovremo partire
per delineare la naturalità di tutto l'apparato
sonoro. Dall’intervallo, inteso come primo
elemento musicale, derivano i sistemi musicali
melodici (scale e modi) e gli armonici. E la
prima giustificazione
psicologica dell'intervallo
epimorio deriva dal fatto che tutti gli
intervalli, le frequenze dei quali stanno fra di
loro come due numeri interi e consecutivi, sono
musicalmente accettabili, perché
naturali
fisiologicamente e psicologicamente.
In
definitiva: la naturalità della musica, con la
rispettiva terapia che ne scaturisce, consiste
nella persistenza dell’engramma di tali
intervalli, e nell'associazione fra gli engrammi
degli spettri armonici della naturalità di ogni
procedimento armonico e melodico. E il Canto
Gregoriano poiché rientra in questa naturalità,
cosi considerata, è potentemente terapeutico.
Concludendo: Una musica sarà tanto più
adattabile ad una terapia psicosomatica quanto
più risulta ritmicamente, modalmente e di
intonazione pura flessibile alla fisiologia e
psicologia umana. E una vera indagine e studio
dovrebbe approfondire soprattutto la teoria
della intonazione pura per addivenire ad un vero
sistema di musicoterapia valido a tutti gli
effetti sanitari.
Pellegrino an>
- Andrea
Trenti
Bollettino Ceciliano
Rivista di musica sacra
Periodico mensile
A. LXX
N° 6 7 giugno luglio 1975