LA SCRITTURA MUSICALE
Leonardo Trevisana
La scrittura musicale si è evoluta nel
tempo, durante il quale si sono
codificati gli
elementi primari (altezza, durata,
intensità e timbro) e
secondari (linee, segni, parole,
abbreviazioni, numeri e segni grafici).
CRONOLOGIA
La notazione alfabetica costituì la più
antica forma di scrittura musicale. I
suoni venivano rappresentati tramite
lettere dell’alfabeto collocate
sopra le sillabe da cantare, mentre i
valori erano raffigurati da linee e
punti posti sopra le lettere stesse.

Questo sistema greco fu poi adottato dai latini
e successivamente trasmesso agli studiosi
del medioevo. Solo verso l’VIII secolo presero
forma i segni sonori, detti
neumi
e scritti sopra
il testo letterario. Indicavano
approssimativamente l’andamento della melodia.

Al sistema della
notazione neumatica (con varie proposte di
segni sonori tra 1’VIII e l’Xl secolo)
subentrarono alcuni tentativi di perfezionamento
per fissare con più precisione l’altezza dei
suoni.
Il primo fu quello di utilizzare sul testo da
cantare una linea rossa di nome FA per definire
un punto di riferimento.
I
neumi posti sopra alla linea indicavano i suoni
più acuti, mentre quelli sotto, i suoni più
gravi.
Pur facendo uso della linea rossa l'altezza
sonora era molto approssimativa.
In seguito si aggiunse una seconda linea
di colore giallo di nome DO.

I neumi posti sopra alla linea indicavano i
suoni più acuti, mentre quelli sotto, i suoni
più gravi.
Pur facendo uso della linea rossa l'altezza
sonora era molto approssimativa.
In seguito si aggiunse una
seconda linea di colore giallo
di nome DO

e via via altre linee fino ad arrivare al
tetragramma perfezionato dal teorico
benedettino Guido d'Arezzo.

Con il tetragramma rosso si
scrisse ancor oggi il gregoriano, il canto
monodico per eccellenza della liturgia
cattolica.
Ben presto le linee si
scrissero anche in nero e, per dare il giusto
punto di riferimento ai neumi, si ricorse
all'uso delle lettere chiavi tratte dalla
notazione alfabetica.

Esempio
della lenta trasformazione delle lettere chiavi.
Queste due chiavi potevano spostarsi di linea
per far sì che la melodia rimanesse il più
possibile dentro il tetragramma.

Dalle
linee chiave "DO e FA" prendono denominazione le
altre note in successione ascendente e
discendente.
Guido d'Arezzo, oltre ad aver definito il
tetragramma, diede pure il nome alle prime
sei
note (esacordo) traendole dalle prime
sillabe di un inno dedicato a S. Giovanni, ove
ogni verso inizia con un suono immediatamente
superiore al precedente.
Ut
queant laxis
Famuli tuorum
Sancte Joannes
Resonare
fibris
Solve polluti
Mira gestorum
Labii reatum
Con la notazione neumatica
inserita nel tetragramma si risolve l'Altezza,
mentre rimane aperto lo studio per definire la
durata dei suoni.
Per risolvere il problema della durata furono
usati inizialmente simboli grafici come:

e successivamente anche
note bianche per indicare diversi valori.

Nel 1500, con il sommo teorico musicale
Giuseppe Zarlino, si definì il nostro attuale
pentagramma musicale
con l'uso di segni grafici o figure musicali per
rappresentare suoni e momenti di silenzio di
varia durata, la divisione delle misure mediante
lineette verticali, la settima nota SI e altri
elementi secondari.
FIGURE SONORE
E DI SILENZIO
sonora |
valore
|
silenzio |
sonora |
valore
|
silenzio |

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4/4
|

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1/8
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2/4
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1/16
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1/4
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1/32
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1/64
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Con l'invenzione
della stampa (sec. XVI) prese definitivamente
forma la grafia sonora tonale,
che ha contribuito alla nascita di grandi
capolavori della musica europea e all'evoluzione
del linguaggio musicale, che si è sempre più
raffinato. Per fissare l'estensione sonora sul
pentagramma della voce umana e degli strumenti
musicali, i teorici ricorsero all'uso di tre
lettere chiavi e alla definizione delle note in
Hertz (Hz).
Dalle tre lettere chiavi derivò il
setticlavio, il complesso delle sette
chiavi musicali che sono segni convenzionali
posti all'inizio del pentagramma allo scopo di
stabilire una determinata posizione di suoni
corrispondente ad ogni voce e strumento.


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Un esempio di neumi
quadrati inseriti in un tetragramma con la riga rossa del FA e quella gialla del
DO.

Incisione
tratta dal volume Scriptore
ecclesiastici de musica sacra (1784)
raffigurante Guido d’Arezzo e
l’allievo Theobaldo.
Guido d’Arezzo teorico (Arezzo 992
ca - ? 1050) teorico musicale.
Monaco benedettino, studiò nell’abbazia
di Pomposa (Ferrara), dove mise a punto
il suo schema di notazione musicale che
introduceva il principio moderno del
rigo
poi teorizzato nel
Prologus in Antiphonarium e ideò la
formula mnemonica per ricordare l’esatta
intonazione delle note dell’esacordo,
assegnando a ciascuna nota un nome (ut,
re, mi, fa, sol, la)
corrispondente alla prima sillaba di
ogni emistichio dell’Inno di san Govanni.
Insegnò dal 1023 circa alla scuola della
cattedrale di Arezzo, e qui scrisse la
sua opera principale il
Micrologus,
contenente le sue idee teoriche ed
estetiche
sulla musica. Dalle sue teorie derivano
i sistemi didattici delle mutazioni,
della solmisazione e della mano
guidoniana (questa era un mezzo empirico
che
serviva di sussidio mnemonico per
l’esecutore).
Nel 1029 si ritirò nel convento di
Avellana, dove forse morì.


Inno di San Giovanni

TRUMENTI TRASPOSITORI
Sono strumenti a fiato i quali non solo
producono suoni di altezza diversa da
quella scritta, ma alterano anche la
tonalità e di conseguenza la notazione
della parte sul pentagramma.
Cause derivate da ragioni tecniche e dalla
forma dello strumento per ottenere
migliori risultati nella qualità del
timbro e del suono oltre che a
facilitare il compito dell’esecutore.
In questi casi si evidenziano quegli
strumenti
costruiti in tonalità di SI
bemolle e MI bemolle
totalmente diversa
da quella della tastiera
che risulta in
tonalità di DO maggiore.
Sta di fatto che le note dell’estensione
di questi strumenti sono scritte in una
determinata altezza del pentagramma che
comunque non corrispondono ai suoni
realmente prodotti dagli strumenti.
2 esempi:
> Esecuzione di suoni appartenenti
alla tonalità di DO maggiore con il
Clarinetto in
SI bemolle, il Saxofono in
SI bemolle e la Tomba in Si bemolle.
Tonalità per lo strumento traspositore.

L’esecutore ha letto nella tonalità
dello
strumento senza far riferimento a
quella
effettiva ed i suoni emessi si
trasportano automaticamente all’altezza
giusta.
In caso di trascrizione delle parti
degli
strumenti in SI bemolle nella
versione
tastiera, bisogna trasportare
di un tono
sotto tutte le note o suoni.
Naturalmente
bisogna far attenzione al
cambio tonalità
e alle eventuali
alterazioni da collocare
subito dopo la
chiave musicale poste
all’inizio del
pentagramma.
>
Esecuzione di suoni in tonalità di DO
con
il Saxofono contralto in MI bemolle.
Tonalità per lo strumento traspositore.


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