Dal canto gregoriano
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IL CANTO GREGORIANO
Leonardo Trevisana

La “scoperta” del canto gregoriano come musica d’arte abbaziale è un fatto piuttosto recente.
Il gusto dell’uomo contemporaneo per le manifestazioni spontanee e primitive, il suo desiderio sempre più vivo di riallacciarsi alle esperienze di un passato ricco di suggestioni e di messaggi, hanno permesso al nostro tempo di riscoprire, con sorpresa e commozione, il fascino incredibile vivo del canto gregoriano. La più straordinaria e irrepetibile magia di questa musica si direbbe stia proprio in una sua misteriosa possibilità di restare intatta nel tempo e nello spazio, perenne nel suo spontaneo parlare alla fantasia e al cuore di tutti gli uomini.

Per “Canto Gregoriano” si intende il canto liturgico originario e fondamentale della Chiesa Cristiana Latina, cioè della Chiesa Cattolica. Esso prende il nome di Papa Gregorio I detto Gregorio Magno (540-604) al quale però non si deve attribuire l’invenzione di tale canto, ma bensì l’ordinamento e la diffusione di esso. In particolare i meriti che gli si attribuiscono sono i seguenti:
1. aver raccolto, selezionato e riordinato le melodie liturgiche sino allora in uso, formandone una specie di Summa ossia raccolta generale di canti che fu detta Antifonario; il manoscritto originale di esso non ci è pervenuto, ma la tradizione voleva che fosse stato depositato neIl’Abbazia di S. Gallo in Svizzera;
2. aver istituito i primi importanti centri di cultura del canto liturgico detti Scholae Cantorum ossia scuole di cantori; (La prima di queste scuole, almeno fra quelle di grande rilievo, sorse a Roma; altre in varie città d’Italia e fuori; particolarmente importante quella di S. Gallo in Svizzera che per la suddetta tradizione fu creduta depositaria del più puro stile gregoriano; altre da menzionare quelle dei monasteri di Montecassino, Nonantola, Metz e Rouen in Francia.)  


3. aver fortemente contribuito alla diffusione di tale canto nelle varie regioni dell’Occidente Europeo,
e nello stesso tempo alla sua unificazione, eliminando gran parte di quelle varietà locali che si andavano formando.
Di queste solo tre ne furono accettate: a Milano il canto Ambrosiano (da S. Ambrogio), in Spagna il Mozambico, in Francia il Gallicano. Il canto Ambrosiano fu l’unico che poté perpetuarsi fino ad oggi, grazie alla sua veneranda tradizione.
Le origini del Canto Gregoriano risalgono naturalmente ai primi secoli del Cristianesimo, cioè al
tempo in cui questa religione si trapianto in suolo latino e in particolare italico; ma riguardo a questi primi secoli, anzi al periodo di formazione del canto liturgico cristiano fino all'VIII secolo circa, non si hanno documenti scritti.

Riguardo al luogo d’origine di questo canto, le opinioni sono varie; tuttavia sembra che alcuni elementi essenziali di esso siano di origine ebraica, altri di origine greco-bizantina o da altre regioni orientali; altri infine devono aver radice in elementi musicali della Roma antica o imperiale.

Il canto
gregoriano esprime i più alti valori della spiritualità umana. Nel suo svolgersi lento, calmo, quasi al di fuori del tempo, esso induce alla contemplazione della grandezza divina e al distacco delle cose terrene.
Lo svolgimento del nucleo fondamentale della fioritura del canto gregoriano comprende circa i
primi 8 secoli dell’era Cristiana, ciò non toglie che anche dopo si siano composte melodie importanti.
In questo primo periodo si andarono altresì formando le varie parti della Messa, ossia quelle stabili dell’ordinarium missae (Kirie, Gloria, Sanctus, Agnus Dei) e quelle variabili del proprium missae (Introito, Graduale, Offertorio, Communio, Epistola ...). Nasce così il cosiddetto Antifonario che nel tempo si suddividerà in varie parti di cui le fondamentali restano due Antifonario dell’ufficio contenente in particolare canti liturgici di varia specie e Antifonario della Messa o graduale co
ntenente in particolare i canti della Messa.

Le caratteristiche principali del canto gregoriano si possono così riassumere:
>
testo in latino, la lingua ufficiale della Chiesa;
>
vocale, cioè affidato alle sole voci maschili, senza accompagnamento strumentale;
>
monodico eseguito da una sola voce;
>
omofono a più voci all’unisono (tutte le voci cantano la stessa melodia);
> responsoriale eseguito a dialogo fra un solista e il coro;
> antifonale coro diviso in due parti come quello ambrosiano;

>
sillabico dove ad ogni sillaba del testo corrisponde una nota;
>
neumatico in cui ad ogni sillaba corrisponde in genere un gruppo di note;
>
melisrnatico o “fiorito”, dove ogni sillaba è cantata su vari  gruppi di due o tre note.
> diatonico che non genera mai semitoni consecutivi, quindi non vi è cromatismo;
> ritmo non misurato, ma oratorio: vale a dire che le determinazioni di durata dei suoni non sono già dati da stabili schemi di misura come nella musica moderna ma seguono soltanto gli accenti delle parole.

La distinzione è originata dalle differenti utilizzazioni dei canti nell’uso liturgico, a seconda delle solennità maggiori o minori, feriali o festive, o di canti da affidare ai fedeli oppure agli esperti, virtuosi cantori della Schola.

La musica è sempre molto attenta alla parola, gli intervalli sono sempre piuttosto piccoli, le note più alte coincidono con l’accento tonico (o principale) della parola, infine le conclusioni sono sempre facilmente avvertibili per la presenza di un più o meno ampio melodizzare sulla sillaba finale.

L’andamento melodico è quasi sempre rispettoso di una certa simmetria espressiva, che si può grossolanamente indicare con una linea curva che ha la sua massima altezza al centro, con un inizio e una conclusione più pacati e smorzati.

Lo schema compositivo si può dividere in quattro categorie.
1. canti strofici, in cui una melodia più omeno lunga viene ripetuta sempre identica mentre variano le strofe del testo poetico.
2. canti salmodici, su testi a versi liberi, la prima parte di ogni frase viene ripetuta identica ogni volta.
3. canti commatici, su testi liberi e liberamente musicati.
4. canti a dialogo, in cui a una frase del celebrante fa seguito una dei fedeli o del coro, come nelle Litanie.
Le principali forme in cui si è sviluppato il canto gregoriano sono:
> salmodico o accentus. Si tratta della lettura intonata del Salmi da parte del celebrante. Tale lettura e quasi sempre sillabica e condotta su una sola nota (monotonale) o su poche note. Questa era la forma preferita per la Salmonia, ovvero per il canto dei Salmi (i versi di lode a Dio tratti dalla Bibbia);
> melismatico o concentus. Si tratta del canto di risposta dell’accentus eseguito dai fedeli o dalla Schola cantorum. In esso la melodia è molto ricca; infatti, spesso una sola sillaba del testo serve per intonare moltissimi suoni. Il canto melismatico era la forma preferita per l’Innodia, cioè per il canto degli Inni non inseriti nella Bibbia;
> Tropo. Si tratta del libero adattamento di un nuovo testo letterario, per lo più sillabico, a un canto gregoriano già esistente, ma melismatico;
> Sequenza. Si tratta del libero adattamento di nuovo testo sillabico soltanto ai vocalizzi (melismi) degli Alleluja.

La classificazione teorica del canto gregoriano basata su un insieme modale costituito da otto scale, che danno origine a quattro modi detti autentici e a quattro plagali, costruiti una quarta sotto gli autentici. A ogni modo autentico corrisponde un proprio plagale; essi hanno in comune una nota che funge da base e da conclusione, e che è detta finale. Si hanno cosi quattro finali, riferibili alle note re, mi, fa, sol. Questa teoria compare nell’VIII - IX secolo e ricalca, in parte, quella bizantina.

La codificazione scritta del repertorio gregoriano risale essenzialmente ai sec. o IX - XII e avvenne in numerosi centri collocati soprattutto in Francia settentrionale, Svizzera, Germania e, in misura minore, Italia (Nonantola, Aquileia, Bobbio, Montecassino). Il tipo prevalente di notazione, quella neumatica, presupponeva la conoscenza a memoria del repertorio serviva da aiuto per ricordare il decorso della melodia.

   NEUMI                                                                                NEUMI nella notazione quadrata



Dal secolo XI il canto gregoriano non può evitare di subire i condizionamenti recati dalla musica trovadorica e dalla sorgente pratica polifonica, nella quale si instaura l’uso di impiegare le melodie gregoriano per elaborazioni contrappuntistiche.
Dal secolo XVI alla prima metà del XIX si ha un nuovo periodo di decadenza del canto gregoriano. Ora le melodie vengono anche mutilate; ne è un esempio l’Editio medicea (l6l4-I5) del Graduale, ossia del libro che contiene i canti della messa per tutto l’armo ecclesiastico. In essa i neumi sono interpretati misuratamente, non con la libertà di valore originaria, e i melismi (cioè i lunghi vocalizzi) sono abbreviati. (Una riedizione di tale pubblicazione viene effettuata tra il 1871 e l’81 ed è nota come Editio ratisbonensis.) Finalmente a metà del secolo scorso i monaci benedettini dell’abbazia di Solesmes iniziano il lavoro di ripristino del canto gregoriano per riportarlo all’integrità originaria.
Si studiano, si confrontano i codici più antichi (sec. IX - X), si cerca una più precisa interpretazione delle melodie, nonché una pratica esecutiva consona alla loro semplicità e purezza. Si sente inoltre l’esigenza di far conoscere i codici a tutti gli studiosi. Perciò, nel 1889, si comincia a pubblicare la aléographie musicale, serie di volumi riproducenti in copia fotostatica gli antichi codici.
Tra le varie soluzioni, i benedettini di Solesmes hanno pensato di adottare la teoria del ritmo libero proprio della declamazione, dando a ogni nota il valore normale della pronuncia di una sillaba.
I monaci solesmensi che più hanno contribuito alla rinascita del canto gregoriano sono Dom Gueranger, Dom Pothier, Dom Macquereau.
Un altro contributo a favore della diffusine del canto gregoriano viene dato dai Padri Benedettini del Monastero di San Giorgio Maggiore di Venezia che fin dal 1959 hanno intrapreso la preparazione di un TRATTATO GENERALE DI CANTO GREGORIANO, in 12 volumi, destinato soprattutto agli Istituti di formazione ecclesiastica e finanziato dalla Fondazione CINI di Venezia.

l papa Gregorio Magno raffigurato mentre detta a due monaci un canto liturgico.

IL CANTO GREGORIANO
Il “Sursum corda”, responsorio, ossia antica forma di preghiera collettiva, che i Romani ripresero dalla liturgia ebraica, e il “Sanctus”, ripreso da un versetto del profeta Isaia, che sembra sia stato composto nel sec. XII, sono intonati nella Messa. I due brani qui registrati sono stati tratti da una Messa di Natale. L’uso di celebrare solennemente questa festività fu ufficialmente consacrato nell’anno 354, come riporta il calendario del cosiddetto Cronografo.
Nello stesso secolo la Chiesa d’Oriente si impadronì dì questa consuetudine, giungendo a proibire spettacoli profani nel giorno della nascita del Signore. Dal 529 il Natale venne decretato pubblica festività e per solennizzare maggiormente l’evento si stabilì di celebrare tre Messe.
Il “Credo”, antico simbolo battesimale, la cui composizione definitiva risale al 381, anno di chiusura del Concilio Costantinopolitano, che viene cantato nella liturgia romana dal 1014, e il salmo “Haec dies” vengono cantati nella messa di Pasqua, la quale fu introdotta nel VI secolo ad arricchire la già fastosa liturgia pasquale.

ABBAZIA: veduta attuale dell'abbazia di San Gallo in Svizzera, fondata nel VII sec., e relativo plastico che ne rivela l‘aspetto del IX secolo.
1. Ingresso 2. Ambiente non identificato 3. Fattorie 4. Chiesa 5. Ospizio dei poveri 6. Celle con ufficio di sopra 7. Cucina 8. Refettorio 9. Chiostro maggiore 10. Dormitorio 11. Officine 12. Granaio 13. Giardino I4. Cimitero 15. Convento dei novizi 16. Giardino delle piante medicinali.




IL CANTO MOZARABICO
Tutta particolare è l’atmosfera che si respira nei riti mozarabici ancora conservati in qualche chiesa di Toledo.
Gli influssi orientali sono evidenti nella ricchissima ornamentazione di queste melodie, Gloria e Psallendo, che a tratti sprigionano quasi un piacere edonistico per la bella frase melodica, morbidamente intonata. Anche se le affinità con il Gregoriano sono evidenti, il Mozambico ha una notevole autonomia e dimostra la ricchezza degli stili che hanno accompagnato il diffondersi della Chiesa cristiana, prima della riforma gregoriana.

IL CANTO AMBROSIANO
“Deus creator omnium” uno dei più famosi Inni che appartengono al repertorio ambrosiano e che la tradizione vuole essere stato composto dallo stesso Sant‘Ambrogio.
Inno che ebbe vastissima notorietà in tutto il mondo cristiano e fu tra i pochissimi canti ambrosiani che vennero accolti anche dalla liturgia romana codificata nella raccolta dei canti gregoriani. Come tutti gli Inni ambrosiani, questo è formato di otto strofe (nella registrazione presenti solo tre), ciascuna di quattro versi di otto sillabe, ed è destinato al servizio del Mattutino prima dell’alba. La melodia semplice e raccolta è tipica dell’ispirazione ambrosiana, che rifugge in genere dagli ampi vocalizzi per muoversi in una dimensione che richiama la scarna bellezza dell’architettura romanica.
Un suggestivo canto pasquale è il salmo Cantemus Domino, costruito in forma antifonale: il versetto “Cantemus Domino, alleluja!” è intonato con una frase ampia, solenne, ricca di movimento e alternata alla semplice sillabazione dei Salmi, in uno stile che richiama quello della cantillazione. Malgrado la sua assoluta semplicità, la
pagina sprigiona un elevato misticismo e ci dà un’idea molto precisa del carattere popolare voluto da Sant’Ambrogio nei canti della sua Chiesa.







TRATTATO GENERALE DI CANTO
GREGORIANO a cura di P. Pellegrino M. Emetti O. S. B. del Monastero di San Giorgio Maggiore in Venezia.

Vol. 1 Tecnica vocale e nozioni generali.
Vol. 2 Ritmica.
Vol. 3 Salmodia e Innodia.
Vol. 4 Storia.
Vol. 5 Modalità e accompagnamento.
Vol. 6 Diritto canonico della musica sacra-
           paleografica.
Vol. 7 Estetica.
Vol. 8 Direzione e stilistica.
Vol. 9 Analisi storico-liturgico-modale-
           ritmico-Estetica, accompèagnamento
           del Kyriae.
Vol.10 Analisi etc. ed accompagnamento
             dall’Avvento alla Quaresima
Vol.11 Analisi etc. ed accompagnamento
            dalla Quaresima alla Pentecoste
Vol. l2 Analisi etc. ed accompagnamento
            dalla SS. Trinità a1l’ultima domenica
            di Pentecoste e Feste principali
            dell’anno.

Canto Mozárabe "Oratio Jeremiae Prophetae"
Canto Mozárabe "Oratio Jeremiae Prophetae" - YouTube

Canto ambrosiano IV VIII sec
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